Lotta continua

Roberto Beccantini12 gennaio 2015

Ringrazio i pazienti per avermi segnalato il fuorigioco di Chiellini e Caceres. A me, in presa diretta, era sfuggito. Spiace che a Napoli se la siano presa. I tifosi della Juventus, non chiedetemi perché, erano stati esclusi dal San Paolo. Tutti, tranne uno. Per fortuna: ma sì, sorridiamoci su.

Siamo in Italia, e di questa partita rimarranno solo i centimetri. Peccato. L’ordalia non mi ha strappato dalla sedia. E’ stata aspra, noiosa, avara. Sono mancati gli attacchi: Higuain e Callejon da una parte, Tevez e Llorente dall’altra. Non a caso, hanno segnato solo centrocampisti e difensori: Pogba (mamma mia che gol!), Caceres (gran rientro), Britos e Vidal. Troppa grazia, due gol di scarto. La Juventus non è più brillante come in autunno, ma ha lottato, ha sofferto. Non vinceva a Napoli dal 2000. Benitez è andato sul classico: prego, accomodatevi. Allegri ha aperto con la linea a quattro e chiuso con la difesa a cinque, alzando un catenaccio molto operaio, molto da tv in bianconero e «Lascia o raddoppia?».

Tutti hanno dato il massimo, anche se è stato un massimo relativo, non certo da leccarsi i baffi. Persino Pogba, volée a parte. La squadra di Benitez aveva morso di più a Doha, in Supercoppa: doppietta di Higuain, due pali. L’occasione più ghiotta, sullo 0-0, l’ha buttata De Guzman. Con Sampdoria, Inter e Napoli (in Qatar), Madama era stata sistematicamente rimontata. Cosa che è successa anche stavolta. Ma Pirlo e c. hanno avuto la forza, il merito e la fortuna di spingersi oltre i proprio limiti. Certo, lo sgorbio di Ogbonna pro Zapata, poi «multato» per simulazione, appartiene al campionario delle squadre che continuano a cibarsi di eccessi, in un modo o nell’altro.

La vittoria, va da sé, è di importanza cruciale. Rimanda la Roma a meno tre, ma non taglia tutti i nodi. Anzi.

Je suis Tottì

Roberto Beccantini11 gennaio 2015

Mi sono divertito, è stato un derby del genere «trans», metà Lazio e metà Roma: con il palo di Mauri sul 2-1 e il brivido De Sanctis-Klose sul 2-2 a fissare paletti precisi, anche se virtuali. Conoscendo i polli della Clinica non meno di quanto li conosca la mia Sartina adorata, si parlerà soprattutto del selfie di Totti. Chiedo scusa, ma fra trenini, gite dalla nonna, mitragliate, esposizione di canotte, scoccar di dardi e strimpellar di violini, capisco l’impazienza di Blatter-Erode.

Mauri, su assist di Felipe Anderson; Felipe dal limite. Poi Totti in fotocopia, il primo su passaggio di Strootman; il secondo – in strepitosa acrobazia – su cross di Holebas. Sempre in agguato sul palo lontano, sempre a presidiare – lui, più dei Radu di turno – il lato debole (in gergo, «weak side»).

Garcia ha corretto modulo e formazione tra un tempo e l’altro. Cruciali gli innesti di Strootman, ora che Nainggolan comincia a flettere, e Ljajic. Per la Roma, si tratta del terzo pareggio consecutivo in casa: 2-2 Sassuolo (e pure qui, da 0-2), 0-0 Milan, 2-2 Lazio. La squadra fatica a leggere le partite. Le tracce di Iturbe, colte a Udine, non hanno cancellato le orme di Gervinho.

E la Lazio? Ribadito che Felipe Anderson, classe 1993, è un progetto di fuoriclasse, come documentano i cinque gol e i cinque assist che ne hanno decorato l’esplosivo inverno, Pioli deve mettere mano, in fretta, al deficit globale di personalità e al rapporto bellezza/continuità, oggi ancora fragile. Due a zero la Lazio vinceva anche a San Siro, con l’Inter: e pure lì, finì 2-2. Non discuto i meriti e il carattere degli avversari. Resta la sensazione di un gruppo che fatica a valicare il confine che separa la normalità dall’eccellenza.

Averne però di derby così. Ben diretti, ricchi di cose (anche di errori, ci mancherebbe), e di gioiellini, come il dribbling di Anderson e Candreva e le zampate di un arzillo 38enne.

Terzo indizio

Roberto Beccantini6 gennaio 2015

Con la Sampdoria, con il Napoli, con l’Inter: impatto sontuoso, gol-lampo, raddoppio sfiorato, calo progressivo, pareggio, caos, rischi (e a Doha, rigori). Sono già tre indizi, parlare di coincidenze mi sembra riduttivo. La Juventus di Allegri si allontana sempre più dalla Juventus di Conte e così la Roma torna a un punto.

Era la prima dopo le vacanze, i campioni si erano ritrovati per ultimi. La butto lì. Mancini sta cercando di portare l’Inter oltre Mazzarri. Non sarà facile. Per un tempo, il più pericoloso era stato D’Ambrosio. La Juventus dominava. Che bello, il tacco di Vidal pro Tevez. Che numero, Pogba: bravo Handanovic, ma serviva lo scalpello, non il pennello. La staffetta Kuzmanovic-Podolski ha rimescolato le carte. Il gol di Icardi, complice Buffon, ha caricato l’Inter e confuso la Juventus: era già successo dopo il sinistro a giro di Gabbiadini, ricordate?

D’improvviso, ho rivisto la Juventus di Firenze. Quella che, raggiunta sul due pari, si stracciò in avanti, a testa bassa, e perse di brutto. Un Icardi meno egoista e un Buffon non più amletico hanno scongiurato un epilogo più o meno identico.

Ripeto: le grandi squadre devono chiuderle, partite così. In caso contrario, rischiano di perderle. L’Inter di Mancini è ferma a una vittoria in sei partite, ma questo è un punto che fa morale. Viceversa, non so quanto possa rallegrare Allegri. Piano piano, si sono spenti Pirlo, Vidal, Marchisio. E’ calato Tevez, non Pogba: anche se spesso la sua «francesità» ne riga il tremendismo fisico.

I collezionisti di moviole vi parleranno di una gomitata di Juan Jesus a Chiellini (niente rigore, niente rosso) e dell’espulsione, corretta, di Kovacic (piede a martello su Lichtsteiner). Occhio, il problema non è Banti. Tra campionato e coppe, nelle ultime sei partite la Juventus ha vinto solo a Cagliari. E’ questo il problema.

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